Genitori imperfetti 2

Eccoci al secondo appuntamento. Oggi guarderemo da vicino la funzione della

PROTEZIONE

Ho scelto questa immagine perché esiste un test grafico (la persona sotto la pioggia) per verificare come il soggetto percepisce il mondo esterno a sé (molta pioggia-fulmini-lampi-pozzanghere… un mondo minaccioso e pericoloso) e se percepisce di avere meccanismi difensivi attivi (ombrello o altro).

La protezione, fisica e psichica, di un bimbo dovrebbe essere sempre garantita, ma purtroppo non è così. Moltissime storie familiari ci raccontano di quanto la violenza all’interno del nucleo familiare sia il tasso percentuale più alto. La cronaca ne è piena. Anche se, sulla cronaca ci finiscono “solo” le violenze fisiche eclatanti, quasi mai le violenze psicologiche. Perché? perché spesso vengono percepite “normali” o di comune educazione (parlo di cose come i silenzi assoluti imposti magari anche per mesi, in forma punitiva per una semplice disubbidienza).

L’essere umano nasce del tutto inerme, completamente inadeguato al mondo (differentemente dagli animali), può sopravvivere solo in un ambiente umano che se ne prenda CURA.     
E’ molto interessante notare che nella storia/letteratura, tutti i bambini abbandonati che sono sopravvissuti diventano degli EROI (Edipo, Gesù, Romolo…)

Ci sono molti modi di abbandonare: fisicamente, psicologicamente, affettivamente… Ogni abbandono è una ferita e la mancanza di protezione mette le fondamenta per uno stile di attaccamento insicuro o anche peggio, disorganizzato. Cioè si producono danni importanti nella vita di un cucciolo d’uomo.

Anche questa volta sceglieremo un film, per riflettere su scene che entrano nella fenomenologia e per rendere bene l’idea dei possibili danni ho scelto  Familia.

E’ la trasposizione filmografica della storia vera di Luigi Celeste, finito in carcere riabilitativo per 9 anni, dopo aver ucciso il padre violento. E’ una pellicola che descrive molto bene i danni che possono conseguire alla disfunzione genitoriale della protezione, sia interna che esterna, sia fisica che psichica.

         Questo film racconta della matrice che imprigiona. La matrice può essere pensata come un’impronta che lascia per sempre la sua traccia, in questa famiglia è la matrice violenta del padre che non lascia mai liberi i suoi cari (torna sempre a ricercarli, a volerli far entrare di nuovo nella sua vita, senza liberarli da lui), generando così una speranza illusoria di cambiamento di rotta, di matrice, di differenziazione.  
Poi c’è la matrice della madre, diversa: è una matrice di rettitudine, impegno nel lavoro, responsabilità, di impegno di esempio, di speranza e di piccoli gesti quotidiani fatti insieme.

La matrice (basta pensare alle matrici meccaniche come ad esempio quelle della stampa) si ripete SEMPRE uguale a se stessa, immodificabile. Poi possiamo osservare la parte modificabile della matrice, come ad esempio il cambio di colore, o dei caratteri di battitura…        
Ma per modificare una matrice ci vuole molto tempo e anche molto dolore perché perdere la propria matrice è un po’ come perdere una parte di sé, perdere l’appartenenza stessa alla costellazione di quella matrice. Qui possiamo vedere come per Luigi il contesto violento, paradossalmente, lo faccia sentire “a casa”, in un contesto familiare appunto!

Alla prima relazione amorosa Luigi incontra per la prima volta il rapporto paritario nella sua possibilità di esistere (interessante la scena dell’incontro con la fragilità tramite i pulcini, la possibilità di stare con la fragilità)

         Altro punto cardine del film è il rapporto tra fratelli, Luigi e Alessandro che ha seguito la matrice della madre: lavora, non sgarra, cerca di proteggere il fratello fino a quanto gli è possibile.   
Spesso il legame tra pari può essere salvifico nelle famiglie disfunzionali e non protettive. Va sempre ricercato e investito di grande valore.

Credo che in questa storia di vita sia espresso molto bene perché è difficile uscire da matrici violente. Non è facile neanche per la madre, per la moglie, rinunciare per sempre al sogno del cambiamento possibile, spezzare il lavoro del lutto, avviato inizialmente, circa la sua storia d’amore e promessa del persempre.

Per quanto questa storia sia durissima nella sua crudezza, muove anche una tenerezza infinita per tutti i personaggi dilaniati internamente tra il bisogno di appartenere e il bisogno di protezione. E’ una storia molto frequente in tutte le famiglie mafiose… ma forse è il caso di ricordare che:

tutte le famiglie sono mafiose a loro modo

Con questo intendo che in ogni famiglia c’è un “boss” che decide le regole e queste regole spesso possono essere disfunzionali o poco praticabili.

Il problema è che nel termine c’è anche l’aggettivo: famiglia è familiare.

…e ciò che è familiare attira come il miele.

Buona lettura e alla prossima funzione (VEDERE)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *