Istanti distinti
Il tempo è una dimensione ipotetica atta a misurare il trascorrere degli eventi. Da sempre il costrutto è oggetto di riflessioni sia filosofiche che scientifiche.
Desidero posizionarmi nell’ambito psicologico per formulare alcune riflessioni in merito.
“L’autorealizzazione è possibile solo se la consapevolezza del tempo e dello spazio penetra ogni angolo della nostra esistenza; fondamentalmente essa è il senso dell’identità, l’apprezzamento della realtà del presente” (F. Perls, L’io la fame l’aggressività)[1]
Uno dei concetti cardine della Psicoterapia della Gestalt è il radicamento nel qui ed ora ottenuto grazie alla chiusura delle situazioni inconcluse (chiusura delle forme).
Se non subiamo interferenze per situazioni irrisolte, disponiamo di tutte le nostre energie per entrare autenticamente in contatto con l’ambiente in cui ci troviamo ed essere perfettamente funzionali rispetto al ciclo di contatto soggettivo.
In definitiva, il tempo presente non è altro che un ciclo continuo di Istanti nei quali dover entrare in contatto con le sensazioni che emergono dal nostro interno per poter rispondere ad esse in modo funzionale.
Quando questo processo è in atto tra due persone differenti che comunicano, si ha l’incontro di due distinti cicli di contatto. Quando questi due distinti cicli sono in reale contatto nel proprio istante, può avvenire un incontro realmente autentico e intimo dal quale può scaturire una crescita evolutiva in cui ognuno dei due soggetti è di ispirazione all’altro.
Quanto descritto potrebbe essere considerato un incontro “ideale” nel senso di privo di contrasto interno ed esterno. In definitiva il punto in cui poter indirizzare un progetto di psicoterapia.
Istanti distinti è infatti la definizione che ho scelto per il mio lavoro riflettendo sulle parole che potessero racchiudere in estrema sintesi ciò che cerco di fare nei viaggi con le persone che mi chiedono aiuto.
Cosa accade quando non si vive pienamente nel presente e in relazioni caratterizzate da simbiosi, proiezioni, bisogni?
Quando il tempo è percepito come infinito o dilatato e non come una catena di istanti, si possono lasciare forme aperte, situazioni sospese, progetti inconclusi, decisioni procrastinate all’infinito, senza accorgersi che questa condizione genera una tensione profondissima che si trasforma prima in ansia e successivamente in angoscia.
Umberto Galimberti sottolinea come sia fondamentale realizzarci come individui unici, ognuno con la propria specificità, puntualizzando come una vita figlia del nostro demone[2] non ha prezzo e diventa come un progetto andato a buon fine. Ha un retrogusto inconfondibile e lascia un buon sapore in bocca. Una vita sprecata è un insulto alla ragione.
Poi c’è l’altro punto, la possibilità di essere distinti, avere dei confini netti, un’individualità che percepisce i propri desideri senza esserne schiacciata come se fossero bisogni, che può mettersi in relazione con l’esterno libera dalla spinta predatoria di possedere, controllare, inglobare l’Altro da sé.
Se lavorare sul tempo, sulla percezione del qui ed ora investito di gioia e benessere può ancora risultare non troppo ostico (certo esistono individui che non accettano proprio di essere mortali, ma non sono poi così numerosi), altra difficoltà è accogliere l’importanza del confine dall’altro, il valore dell’essere distinti.
Nel tempo della mia professione clinica ho verificato quanto sia difficile accettare di non abitare più l’utero di nostra madre o di ricercarlo strenuamente se si percepisce di non averlo abitato abbastanza. Anche coloro che si professano ribelli per reazione all’ invasione di una madre (ma anche da un padre) eccessivamente simbiotica e richiedente, in realtà hanno concorso alla costruzione di un rapporto fusionale.
Ogni volta che non accetto un “no” come risposta, ogni volta che cerco una forma di rassicurazione dell’amore dell’Altro, ogni volta che proietto il mio sentire, il mio pensare sull’Altro, ogni volta che anticipo una richiesta, che saturo ogni spazio mentale o affettivo, sto disperatamente cercando di ri-costituire l’habitat uterino: quel luogo così caro privo di tensioni e responsabilità, dove tutto esiste senza chiedere…
Com’è forte la tentazione di rimanere infanti e deresponsabilizzati!
Eppure qui dimora la maggior quantità di malessere, di energia tossica, di carburante per la formazione di sintomi.
La separazione genera un’illusione di angoscia perché non si guarda bene il prezzo che già si sta pagando nel dimorare ancora nella dimensione dell’indifferenziazione. Siamo disposti a convivere ancora con l’oppressione, con il fastidio generato dal controllo, pur di conservare la fantasia che quella sia l’unica forma possibile di ricevere amore.
Il paradosso della formazione psichica di un individuo, a mio avviso, sta nel dover costituire un Ego funzionale alla separazione dall’Altro, al processo di individuazione, per poi doverlo distruggere in quanto origine di tutte le ferite psicologiche. Una fatica immane.
Per questo molto spesso si pensa sia più semplice rimanere nella cosiddetta “zona di confort”.
Ciò che non ci è chiaro è che rimanendo nell’utero (la zona di confort non è altro che questo) in realtà non stiamo vivendo, ma solo sopravvivendo in attesa della morte.
Distinguersi dai propri genitori, darsi il permesso di essere perfettamente in contatto con ciò che si sente, liberarsi di richieste ataviche e di divieti insulsi, per poter vivere lo stesso processo che si osserva nella trasformazione di un bruco in farfalla. Da questo anche la scelta di questa immagine.
Da queste riflessioni nasce la scelta del logo dello Studio di Psicoterapia Claudia Giampieri: un oggetto che racchiude in estrema sintesi tutto ciò che cerco di promuovere nei miei incontri con chi mi chiede aiuto, che possa richiamare l’idea del progetto di ricostruzione di una personalità maggiormente equilibrata e centrata sulla propria autonomia psicoaffettiva.
Istanti distinti è un luogo dove si promuove la consapevolezza del tempo reale fatto di continue catene di singoli attimi presenti per poi proseguire alla costruzione di un’individualità auto-definita e separata dalla famiglia di origine.
Scoprire come poter progettare la propria esistenza in massima libertà di espressione, potendola orientare alla chiusura dei progetti, alla capacità di portarli a termine.
I colori scelti per l’immagine richiamano la compresenza di colore e buio, di luce e ombra che così bene ci caratterizzano in ogni istante.
D.ssa Claudia Giampieri
Psicologa Clinica, Psicoterapeuta, esperta Psicodiagnosta
Docente CIFRIC, collaboratrice iGAT, socia AIR
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Ord. psicologi Campania sez.A n°4920
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[1] L’opera di Fritz Perls si sviluppa negli Stati Uniti a partire dagli anni ’50 andando a creare il modello di riferimento della terapia della Gestalt, non solo come approccio alla Psicoterapia, ma anche come stile di vita. Il punto cardine nel concetto di consapevolezza implica una componente non solo intellettiva, ma anche immaginale, emozionale e sensopercettiva. Noi siamo noi stessi in ogni gesto, in ogni azione e anche in ogni menzogna e in ogni interruzione autoimposta. Nel concetto esposto da Perls, l’importante è acquisirne consapevolezza, appropriarci responsabilmente di chi siamo e di cosa facciamo.
[2] Aristotele definisce la felicità come autorealizzazione di sé stessi: ogni uomo è fornito di una vocazione, di un’inclinazione che Aristotele chiama daimon. In greco la felicità è eudaimonia “la buona realizzazione del tuo demone”.